domenica 7 ottobre 2007

Una cosa sublime

A una certa ora, monotona come il declino
del corpo, vive in me uno sperduto sublime
di cui non ho più sentire né voce o presenza
dolce di quando pareva cantare da un rudere. Una
rara e confusa memoria di come chi firma con una croce,
come una incauta rondine si aggrappa a fili invisibili.
Essa pur sempre parla invidiata dall’altitudine
da cui si appresta, sorridendo e talvolta
rompente come chi non ha mai peccato, orba
del vuoto come io di ciò non posso, e stento
ad afferrarla mentre essa mi sgomenta, quanto
toccarla mi svanisce. È certo troppo lontana.
È impenetrabile per noi e si chiama delizia
del giusto.
ATTILIO ZANICHELLI, Una cosa sublime, Torino, 1982.